Willem Dafoe: un talento spericolato

Ritratto fotografico di Willem Dafoe

Anche Willem Dafoe, tra le star del Lucca Film Festival e Europa Cinema 2017, dove sarà omaggiato e riceverà il premio alla carriera. Il suo itinerario professionale appare, infatti, più che mai coerente con lo spirito di vitalità e ricerca del nostro festival.

 

Willem Dafoe: gli inizi

“Ogni attore che parla di scelta dice una cosa completamente sbagliata. Non è mai una cosa univoca, quello dell’attore è un lavoro che trova te, allo stesso modo in cui tu trovi lui.”

Di sangue lontanamente anglo-svizzero, cresciuto in una famiglia borghese, William Dafoe diventa Willem al college, in Winsconsin, dove studia recitazione. Insoddisfatto del metodo accademico, abbandona ben presto l’università, avvicinandosi allo sperimentalismo del Theatre X di Milwaukee. Esperienza decisiva, questa, per il suo trasferimento a New York, dove sarà uno dei fondatori del Wooster Group insieme, tra gli altri, all’attore e scrittore Spalding Gray.

Istinto e disciplina

“Spesso ho la sensazione che gli altri immaginino la mia vita come straordinaria, ma in realtà la mia vita è normalissima. È solo nel lavoro che mi piace essere davvero spericolato.”

Attraverso l’esperienza newyorchese del gruppo, Willem impara non a recitare ma, dice, a far emergere il suo animale interiore. Un approccio dotato di una buona dose di istintività e ribellione, che gli valgono un esordio incidentato: Michael Cimino arriva a cacciarlo dal set di I Cancelli del Cielo per essere stato troppo indisciplinato.

“Era bello recitare, ma quel giorno le prove erano infinite, una cosa come otto ore in piedi. A un certo punto, in un momento di silenzio, una ragazza mi ha detto una cosa buffa all’orecchio e io sono scoppiato a ridere. Cimino è andato su tutte le furie e mi ha cacciato. Diciamo che quel giorno sono stato il suo agnello sacrificale!”

Buoni e cattivi

La fama internazionale non tarda ad arrivare quando, nel 1986, interpreta il sergente Elias Grodin nel film “Platoon” di Oliver Stone. A questo ruolo, che vale all’attore statunitense la prima nomination agli Oscar, seguono numerose collaborazioni con alcuni tra i più grandi nomi del cinema: è il controverso Gesù in L’Ultima Tentazione di Cristo di Martin Scorsese, il torbido Bobby Peru del lynchano Cuore Selvaggio e l’Agente Alan Ward in Mississippi Burning di Alan Parker. Negli anni 2000 si guadagna la seconda candidatura agli Oscar interpretando Max Schreck in L’ombra del vampiro di E. E. Merhige. Come dimenticare poi, tra i suoi personaggi più celebri, Goblin in Spiderman, campione d’incassi del regista Sam Raimi. Torna ad essere detective in My Son, My Son, What Have Ye Done?, del maestro tedesco Werner Herzog, fino alla duplice collaborazione con il danese Lars von Trier, a fianco di Charlotte Gainsbourg, per cui interpreta l’usuraio L. in Nymphomiac e il padre e marito paladino della salvezza femminile in Antichrist. Nel 2014 rinnova la precedente collaborazione con Abel Ferrara nel film Pasolini, raffrontandosi egregiamente con il difficile ruolo dello scrittore e regista italiano.

“Io non faccio solo personaggi cattivi. Cioè, se guardi attentamente i miei film ti accorgi che faccio buoni e cattivi, ma i buoni hanno sempre dei difetti, sono dei buoni un po’ a disagio nella società. Che siano pazzi o criminali in realtà sono sempre un po’ buoni!”

Un attore in continua evoluzione

Willem Dafoe arriva così al Lucca Film festival in quanto attore instancabile e versatile, capace di cimentarsi, non solo in grandi produzioni hollywoodiane, ma anche in lavori di maggiore ricerca come The Life and Death of Marina Abramovic, realizzato in collaborazione con Giada Colagrande per la regia del genio teatrale Bob Wilson.